venerdì 19 dicembre 2014

Quando il ballo è finito, la musica può continuare

Questo è un articolo diverso da quelli che sono solito pubblicare nel blog. E' un messaggio di natale da parte di chi non festeggerà natale e anche una risposta a chi a volte ha voluto comprendere qualcosa, forse, di non spiegabile. Spesso mi è stato chiesto come mai ho deciso di dedicare una parte importante della mia vita a quello che faccio. Non è stato mai facile per me trovare risposta. Tra le varie possibili soluzioni, ho sempre comunque continuato a sentire gli echi della musica di un ballo finito da moltissimo tempo, un ballo a cui io non avevo partecipato. Non sono riuscito a dire di no a questa musica perché mi sembrava di sentire che facesse parte di quello che realmente ero e gradualmente mi ha portato via, in una dimensione differente.
Ho iniziato a guardare il mondo con occhi diversi. Commedie che non si lasciavano impoverire dall'assenza di parole ma anzi, ne traevano la loro forza maggiore più grande. La vittoria della sottrazione, della non ridondanza, della capitalizzazione del poco. Un tempo, da ragazzino e anche più in là, sapevo di vivere in un mondo fatto di parole, parole che servivano per declamare, potevano inciampare ma sembravano non perdere senso. Parole che potevano indicare un credo, un ideale, una fede in qualcosa all'apparenza più importante, nell'arte e nella vita. Per me questo non è stato mai tanto valido come il potere del suggerimento delle immagini, del loro significato di evocazione, l'apparente sconfitta sul rumore o sulla stessa morte. Un film muto non fa rivivere i morti, un film muto ne conserva la poesia della vita, cancellando la morte della loro anima in quella incarnazione. La morte non esiste, è solo un passaggio verso un'altra dimensione. Lo so che non tutti sono buddhisti come me, ma in questo momento sto parlando della mia musica personale, del mio viaggio personale. Non si può vivere né di teatro, né di cinema, né di nessun'altra cosa all'infuori di noi stessi. Il percorso che porta alla scoperta di ciò che realmente siamo è l'unico che forse abbia davvero importanza, qualunque sia il modo, il mezzo o la musica che ti prende per mano nel tragitto. Il cinema muto è stato una piccola ma importante parte della musica, della melodia della mia vita. La commedia priva di parole ma ricca di suoni veri o immaginari. Essa contiene senza sforzi qualcosa che il film drammatico non potrà mai possedere. Lo supera di gran lunga, in quanto compie un passo in più verso l'infinito e lo sguardo che getta sulla realtà è alleggerito dalla consapevolezza della vacuità, la futilità e l'assurdità di quello da tutti più o meno viene considerato "reale" o comunque importante e degno di riguardo. La commedia, se fatta bene, contiene in sé il dramma stesso e lo attraversa, lo valica con gli occhi consci e divertiti di una mente superiore. Quello che dico non è ascrivibile soltanto a parte della filmografia di un Charlie Chaplin o di un Harold Lloyd, i quali in alcuni grandi lungometraggi hanno messo in scena del puro dramma sotto le vesti di meravigliose e ornamentali commedie. Quei film sono straordinari e grandi esercizi di cinema in senso stretto, ma l'essenza, la nuda sostanza del comico e del suo reale rovescio può essere visto con esattezza e allarmante precisione in molte delle commedie a due rulli di Roscoe Arbuckle, di Lloyd Hamilton, di Buster Keaton o di quei giganti indimenticabili ed eterni che portano il nome di Stan Laurel e Oliver Hardy. Apparentemente si tratta di opere "solo" comiche, le quali però nascondono un tesoro di inestimabile valore, ovvero una chiave per osservare da vicino l'inservibile inutilità di tutto quello che da secoli o millenni l'umanità si ostina a considerare degno di rispetto e, in fin dei conti, reale e primario obiettivo di vita della maggior parte delle persone, soprattutto quelle del mondo occidentale. Sono messe alla berlina le credenze, le convinzioni e le convenzioni (due termini che mi piace spesso accostare, poiché tanto simili e buffi), il senso del bello e del brutto, del tempo e dello spazio, la proprietà privata, la grande aspirazione verso una rispettabilità data e immutabile (o il suo contrario), tutti i grandi e i sublimi sentimenti che vengono così tanto caricati di significato nella vita di tutti i giorni e così effimeri e privi di sguardo d'insieme da risultare a dir poco spassosi, se messi in scena con la giusta dose di risvolto grottesco.
Ma la tristezza è insita nell'uomo e riesce a fare il suo lavoro anche quando si nasconde da commedia. La malinconia non va scacciata, poiché permette di andare oltre, a chi mi legge dico sempre di provare ad andare oltre, qualsiasi cosa amino essere o fare. Non importa da dove si parte, quello che conta è il punto di arrivo. Allargare i propri orizzonti e superare i propri limiti.
Non pubblico molti elementi in questo blog o meglio non lo faccio a scadenze serrate. Non ho creato questo luogo con l'intento di aprire una testata informativa, né con quello di farmi notare. Più che un articolista mi ritengo un appassionato esattamente come chi mi segue e cerco di diffondere la mia parte di conoscenza. Credo non serva a nulla sapere qualcosa e tenerlo per sé. Ho sempre cercato di mettere al servizio degli altri quello che sapevo, poiché credo che tra le cose più subdole e meno belle della vita ci sia quella di nascondere, trattenere, celare per egoismo o insicurezza. Io non sono un intellettuale, forse perché rifuggo da questo termine e credo che non vada applicato nello studio di nessuna forma d'arte, di filosofia o di religione. E queste forse sono le uniche cose che in questa vita mi interessano sul serio. Ho studiato critica di cinema ma non ho mai giudicato nessun film secondo regole prestabilite o in modo accademico. Non credo nel natale ma come diceva Joseph Heller quando sarò grande voglio essere un bambino. 

P.S. La foto in alto a destra è tratta da "Remember When?", divertente, struggente commedia del grande Harry Langdon, l'Elfo piccolo e innocente, simbolo dell'unica sola e incantevole umana utopia non contaminata, la quale forse un giorno in cui tutti saremo altro, riuscirà, proverà a sfiorare le stelle. Questa breve, piccola commedia del 1925 racchiude molta della poesia del suo protagonista, di cui fra pochissimi giorni ricorreranno i 70 anni dalla scomparsa e che ho approfittato, con affetto, di ricordare.